Educazione alla salute - Euretica e Aido


CONVEGNO AIDO E EURETICA ALLO STRINGHER
IN MEMORIA DI SUSANNA DAMELE

 Docente referente: prof. Paolo Corvo

L’Istituto Bonaldo Stringher ha ospitato nel suo Auditorium, sabato 26 novembre 2016, un importante convegno in memoria di Susanna Damele, scomparsa all’età di 46 anni dopo aver lottato per 17 anni contro il tumore. A volerlo, sono state, con i loro rappresentanti, due autorevoli e prestigiose associazioni: EURETICA e AIDO.

Ha dato il benvenuto a tutti gli ospiti, circondata dalla presenza delle allieve e degli allievi di diverse classi, la prof.ssa Menis, collaboratore del Dirigente Scolastico Anna Maria Zilli. Sono intervenuti: il dott. Daniele Damele, fratello di Susanna Damele e Dirigente Nazionale dell’Associazione Donatori di Organi, il dott. Roberto Peressutti, direttore del Centro Regionale Trapianti FVG, il dott. Umberto Tirelli, oncologo, Primario della Divisione oncologica di Aviano, ideatore di un articolato decalogo per stare in salute. Diverse le autorità presenti: l’Assessore alla Salute del Comune di Udine dott.ssa Simona Liguori, oncologa; il prof. Fontanini, Presidente della Provincia di Udine; il Vicepresidente del Consiglio Regionale Cargnelutti. Ha moderato l’incontro il giornalista del Messaggero Veneto Paolo Mosanghini.                                                                                                                             

L’Assessore alla salute del Comune di Udine, l’oncologa Simona Liguori, ci ha colpito per il suo breve ma intenso intervento introduttivo, così carico di umanità e sensibilmente attento alla persona colta nell'integralità delle sue dimensioni. Ha ricordato che “la vita umana è un dono di Dio, anche e soprattutto quando si presenta debole, malata, ferita. Ed è proprio questa sua fragilità costitutiva che ci permette di vedere in essa, non disprezzandola, un dono e una risorsa per dilatare in profondità lo sguardo sulla vita e la capacità di amare in sé stessi e negli altri”, cercando di trovare un senso anche in ciò che umanamente è, per ognuno di noi, assurdo e inaccettabile, come il dolore.

La riflessione è poi proseguita in classe, focalizzando l'attenzione su alcuni tratti peculiari della "società liquida" descritta da Bauman. In essa l'uomo, affetto da una sindrome narcisistica da eccesso d’importanza, afferma l'autopoiesi, con la pretesa di essere il creatore di sé stesso e il centro idolatrico della propria soggettività. Il rischio è che l'essere umano sia "oggettivato" e considerato come un "pezzo di ricambio" - ad esempio nel creare embrioni per scopi eugenetici e nell'eutanasia - per altri esseri umani, negando il significato dell'eternità in una prospettiva escatologica e trascendente.

Il dott. Umberto Tirelli, nel suo intervento, si è soffermato sul suo “decalogo per vivere sani”: il fumo, la droga e l’alcol possono rovinare la nostra salute e il nostro modo di vivere; per questo ricopre una importanza strategica, per la prevenzione del tumore, la diffusione di una capillare campagna d’informazione che consenta l’adozione di stili di vita corretti, osservando alcune regole semplici e fondamentali.

La seconda parte della conferenza è stata occupata dall’intervento del dott. Roberto Peressutti sul tema dell’aumento delle liste d’attesa per un organo. Il breve filmato introduttivo, risultato molto incisivo proprio per i suoi aspetti tragi-comici, pensati ad hoc per la vasta platea di giovani uditori, ha condotto in modo “leggero” a una riflessione molto seria sul testamento relativo alla donazione degli organi. Ognuno ha potuto cogliere l’altissimo significato di questo incomparabile dono, nel quale s’incontrano la speranza di una vita che rinasce come rivincita estrema di un’altra che viene a mancare, quasi a voler togliere alla morte il suo pungiglione e la sua piena vittoria.

La cultura del dono (dal latino munus), cui è etimologicamente legato il concetto di responsabilità, è una delle espressioni più alte, belle e nobili che caratterizzano la munificenza dell'agire umano, perché connota l’altissima dignità e liberalità della persona. Le riflessioni sono state molto interessanti, fornendo, soprattutto ai giovani che hanno tutta la vita davanti, un primo orientamento intorno a un argomento così delicato e importante. A volte esso viene solo apparentemente ignorato, semplicemente perché sembra non vi sia un coinvolgimento in prima persona. I nostri ragazzi sanno che esiste come problema, ma viene posto sempre sullo sfondo, al limite del loro orizzonte esistenziale.

Io credo che questa linea sottile che si situa al confine di ogni esistenza, e che per questo getta sull’argomento una certa ombra e reticenza nell’affrontarlo, richiami tutti a una scelta consapevole e motivata che sgorghi in profondità dalle sorgenti valoriali di ogni persona, come espressione di una coscienza etica. Pensare che non ci riguardi, anche se ne sentiamo parlare spesso, è purtroppo l’esito di un atteggiamento irrazionale e inautentico, di fuga e di paura. Sappiamo che la morte fa parte della vita ma, quotidianamente, si pensa che essa ci sia estranea: si sa della certezza della morte, ma non si è autenticamente certi della propria.

Per cogliere in profondità questo pensiero, occorre ricordare le parole del filosofo Martin Heidegger:

Si dice:la morte verrà certamente, ma, per ora, non ancora’. Con questo ‘ma’ si contesta alla morte la sua certezza. […] Questo pensiero è costantemente rimandato a un ‘più tardi’, facendo appello alla cosiddetta ‘opinione generale’. In tal modo il ‘si dice’, inautentico e impersonale, nasconde ciò che la certezza della morte ha di caratteristico, ossia che essa è possibile a ogni attimo (Essere e tempo).

La morte, il cui pensiero genera estraneazione e smarrimento, si accompagna così alla indeterminatezza del suo ‘quando’, con l'oblio nella coscienza della sua possibilità. Si tratta di una condizione esistenziale inautentica, illusoria e ingannevole, di paura e di fuga dal pensiero della propria fine e da ciò che la morte rappresenta come verità costituiva dell'uomo e del suo essere nel mondo. Ed è questa alienazione dalla ‘propria’ morte che fa emergere il “non ancora”, il non essere pienamente liberi da ogni paura di amare e di donare, "fino alla fine".  

>>> l'articolo sul Messaggero Veneto