Scienze religiose

«Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla. Questa è la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso». 

                                                                               Jorge Luis Borges                                                                   

«Credo che la persona dell’alunno, nella sua integrità, sia da guardare come un’opera d’arte: non si può giudicare in modo definitivo il suo valore o la sua bellezza fino a quando l’opera non è compiuta. L’aspetto più affascinante della nostra professione docente è che viviamo immersi ogni giorno in questo mistero del "già e non ancora", di ciò che è presente ed esiste per noi come attesa e promessa di uno sguardo lungimirante e pieno di speranza, posto a presidio del futuro».

                                                                                 Paolo Corvo

 

L'IRC e la competenza ermeneutica del soggetto                                                                                                                

L'irc si presenta come una disciplina curricolare tra le altre, ma con un paradigma diverso, assumendo più propriamente la valenza di una matrice valoriale. Tale insegnamento si costituisce e si dispiega come una ermeneutica del soggetto: conoscere se stessi e vigilare su se stessi, nell'esercizio di una continua interpretazione dei propri impulsi e pensieri. Ciò implica l'assunzione e lo sviluppo di un'attitudine ineludibile: il coraggio della verità; quest'ultimo a sua volta deve sempre poter essere accompagnato dalla pratica dell'antica virtù della parresίa (da pan rema: dire tutto), intesa come l'imparare a parlare con franchezza. 

Nell’età classica, la continua vigilanza del pensiero nel rapporto della verità di sé con se stessi era non solo l’espressione di una autentica coscienza etica, ma ancor più veniva considerata come una ascesi di sé, un modo per liberare se stessi dalla schiavitù dell’errore e dell’inganno ricercato e voluto, concepito come accecamento, ragione abbagliata dalla folle pretesa di accogliere pregiudizialmente ciò che vediamo, le nostre opinioni e i nostri giudizi, come verità. La parresίa è una forma di esercizio dell’anima, della volontà e dell’intelletto insieme, per non perdere irrimediabilmente la vigilanza e la cura di sé (epimeleia heautou), attraverso il laborioso cammino che conduce al superamento della paura di accogliere, amare e desiderare la verità: la verità di noi stessi colta nel momento cruciale e dirimente del rapporto con gli altri.

È la caratteristica della vita di chi segue Gesù ed è quello che Gesù chiede ai suoi discepoli. La parresίa poi, nell’assemblea, diventa l’ultima possibilità di recupero del rapporto con il fratello che ha sbagliato: in Mt 18, 15-17, la correzione fraterna è resa possibile proprio dalla franchezza nel parlare.

L'irc si qualifica metodologicamente e si sotanzia nel compito etico dell'esercizio del pensiero per vincere acquiescenza e remissività di fronte alle proprie opinioni, utilizzando tutte le risorse di metodo e di indagine che la scuola mette a disposizione. Prende forma nella continua ricerca della conoscenza della verità intorno ai grandi interrogativi dell'esistenza, cercando con coraggio, senza ombra né reticenza, né paura per le inevitabili difficoltà e delusioni, la verità di se stessi, in un continuo dialogo silenzioso intessuto nella profondità che attraversa tutte le dimensioni costitutive della persona umana. In questo continuo esercizio di sè su se stessi la vita di ognuno, se lo desidera (il termine trae la sua radice da "de-sidera": avvertire la mancanza delle stelle, dell'infinito), potrà diventare un'opera d'arte d'inestimabile valore e bellezza; una estetica dell'esistenza cristiana tesa a modellare e plasmare, ampliandola, la propria capacità di amare. Il filosofo René Descartes, nel brano che segue, sottolinea quanto sia difficile e impegnativo uscire dalle proprie chiusure per essere "non più schiavi, ma liberi":

Ma questo disegno (il compito di svelare a se stessi i propri inganni e accecamenti ndr) è penoso e laborioso, ed una certa indolenza mi riporta insensibilmente nel corso della mia vita ordinaria. E a quel modo che uno schiavo, il quale godeva in sogno d’una libertà immaginaria, quando comincia a sospettare che la sua libertà non è che un sogno, teme d’essere risvegliato, e cospira con quelle illusioni piacevoli, per esserne più lungamente ingannato, così io ricado insensibilmente, da me stesso, nelle mie antiche opinioni, ed ho paura di risvegliarmi da quest’assopimento, per tema che le veglie laboriose che succederebbero alla tranquillità di questo riposo, invece di portarmi qualche luce e qualche rischiaramento nella conoscenza della verità, non abbiano ad essere insufficienti per illuminare le tenebre delle difficoltà che sono state testé sollevate” (R. Descartes, Meditazioni metafisiche, prima meditazione)

 

L'IRC e la competenza ermeneutica della realtà

L’insegnamento della religione cattolica (Irc), esprimendo l’esigenza di riconoscere nei percorsi scolastici il valore della cultura religiosa e dei principi del cattolicesimo, riflessi nel patrimonio storico, culturale e civile del popolo italiano, offre una particolare competenza nella lettura e interpretazione della realtà e delle sue forme simboliche. La competenza religiosa, che si attua attraverso la comprensione del linguaggio biblico-simbolico, favorisce e sviluppa la formazione globale della persona, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza. Per coloro che vogliono avvalersene, l’Irc, dotato di una specifica identità disciplinare, richiama il valore del linguaggio religioso della specifica tradizione cristiano-cattolica e si inserisce, valorizzandoli e approfondendoli, nel solco dei principi di solidarietà, sussidiarietà e fratellanza, presenti nella Costituzione. I contenuti della disciplina, raccolti in tre aree: antropologico-esistenziale, biblico-teologica, storico-fenomenologica, sono finalizzati alla promozione di competenze e ricevono da queste una connotazione fortemente esistenziale.

L’insegnante di religione (idr), svolge ormai da anni nel nostro Istituto una consolidata funzione di mediazione educativa e didattica. È in grado di offrire:

  • risorse sociali nell'acquisizione di virtù e atteggiamenti;
  • risorse personali nell'educazione ai valori etici ed estetici;
  • risorse psicologiche nella gestione dei conflitti e del cambiamento, nelle dinamiche relazionali, nella comunicazione e nel dialogo con i docenti, i singoli allievi e le loro famiglie.

È diventato un’importante figura di riferimento per le diverse problematiche che emergono dal mondo dell’adolescenza e della scuola. I docenti del Dipartimento di scienze religiose, con il proprio ethos professionale, cercano di favorire e valorizzare ogni utile forma di ascolto, consulenza e collaborazione. Ponendo al centro della propria azione il valore integrale della persona nelle diverse dimensioni dell'esperienza, sviluppano quella capacità più radicale di affidarsi agli altri ed entrare stabilmente con loro in un rapporto vivo di donazione, di fedeltà e rispetto, in cui ognuno, trovando certezza e fiducia, impara a mettere a frutto le proprie attitudini e potenzialità per il bene e la crescita di tutta la comunità scolastica.

 

Le attività

Molteplici sono le attività di cui l’idr si rende spesso promotore e artefice; a solo titolo di esempio:

  • Diverse forme di volontariato e di cittadinanza attiva: soggiorni estivi con i disabili e mensa Caritas;
  • Lotta e prevenzione a fenomeni di cyber-bullismo e di comportamenti a rischio con l'attivazione di percorsi di Media Education per il conseguimento di competenze di cittadinanza digitale; 
  • Educazione alla salute e all'affettività.

Nell’attuale contesto multiculturale, il percorso scolastico proposto dall’Irc favorisce la partecipazione ad un dialogo aperto e costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace.

È responsabilità del Dipartimento, oltre alla definizione della programmazione annuale declinata in competenze e obiettivi specifici di apprendimento articolati in conoscenze e abilità, progettare adeguati percorsi di apprendimento, con opportuni raccordi interdisciplinari, in linea con il piano dell’offerta formativa della scuola e le esigenze dei diversi indirizzi. In esso possono trovare spazio riflessioni e proposte riguardanti l’aggiornamento e la formazione relativamente alle seguenti aree trasversali:

  • nuove risorse digitali e impatto sulla didattica;
  • gestione della classe e problematiche relazionali;
  • inclusione sociale e dinamiche interculturali;
  • bisogni educativi speciali;
  • buone pratiche di didattiche disciplinari.

 

I simboli cristiani: il pesce e la colomba

Il pesce (Ichthýs)

Il termine ichthýs è la traslitterazione in caratteri latini della parola in greco antico ἰχϑύς, "pesce", ed è un simbolo religioso del cristianesimo perché è l’acronimo delle parole:

'Ιησοῦς Χριστός Θεoῦ Υιός Σωτήρ

(Iesùs Christòs Theù Yiòs Sotèr)

Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore

Si definisce ichthýs il simbolo di un pesce stilizzato, formato da due curve che partono da uno stesso punto, a sinistra (la "testa"), e che si incrociano quindi sulla destra (la"coda"). La simbologia cristiana, nei tempi della persecuzione dei cristiani nell'impero romano (I-IV secolo), è molto ricca. A causa della diffidenza di cui erano oggetto da parte delle autorità imperiali, i seguaci di Gesù sentirono l'esigenza di inventare nuovi sistemi di riconoscimento che sancissero la loro appartenenza alla comunità senza destare sospetti tra i pagani. Veniva presumibilmente adoperato come segno di riconoscimento: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono l'ichthýs. Se l'altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l'uno dell'altro. 

La colomba

Fin quasi dagli albori del cristianesimo la colomba, animale dalla natura dolce e mite, è stato un simbolo di purezza e innocenza, che rimanda all'intervento divino. Come simbolo di mitezza, è usata in vari episodi biblici. Per gli ebrei Giona (Yohnàh,"colombo") era ed è un nome maschile comune. Nel Cantico dei Cantici, “Mia colomba” è un appellativo affettuoso rivolto alla Sulamita dal pastore innamorato; e gli occhi dolci di una ragazza sono paragonati a occhi di colomba. Come simbolo ed espressione della volontà divina, è pure citata in alcuni passi della Bibbia. Nella Genesi (8,11), è una colomba a portare a Noè il rametto d'ulivo che annuncia la fine del diluvio universale e l'inizio della salvezza e di una nuova era di pace tra Dio e gli uomini. In Matteo 3,16, la colomba viene vista scendere dal cielo da Giovanni Battista durante il Battesimo di Cristo. Per questo inizialmente l'animale venne associato al battesimo (come in Tertulliano o in rappresentazioni artistiche del IV secolo). Nei codici miniati del V e VI secolo la colomba, non più solo simbolo del battesimo, diviene, nelle raffigurazioni dell'Annunciazione e della Trinità, icona dello Spirito Santo.

                                                              Il coordinatore del dipartimento: prof. Paolo Corvo